Anna Maria e Primo Levi Un inedito racconto fotografico

Fotografie che parlanodi Liliana Picciotto


Ogni volta che guardo le fotografie di Primo Levi, l'immagine che mi colpisce di più è quella in primo piano che lo ritrae, giovane ventiquattrenne dall'aria pacata e disarmata, un volto lontanissimo da quello di una persona capace di affrontare la violenza e il lager che dovette di lì a poco sopportare. Le fotografie, talvolta, parlano più di mille parole e questa ci narra di quanta pazienza e serietà avesse questo giovane uomo, oltre che una grande fiducia nelle regole del mondo, governate da leggi logiche, matematiche, chimiche. Nella fotografia si legge anche il suo sguardo attonito nel prevedere quanto l'uomo possa precipitare in basso e rinunciare ad essere uomo. Sono influenzata, naturalmente, dai libri che egli scrisse dopo essere tornato a casa. Ma ora, guardando e riguardando la foto, mi sembra che tutto il suo futuro fosse già scritto lì a chiare lettere, compresa la sua morte, da uomo maturo, ma ancora disarmato di fronte alle brutture del mondo.
Di Primo presentiamo qui un cospicuo gruppo di fotografie, scattate nel suo ambiente famigliare, donate al CDEC dalla sorella Anna Maria nel 2009. Queste immagini ci ricordano che egli non è solo un simbolo, l'archetipo dell'uomo intelligente e vigile che sa scandagliare l'animo umano come pochi hanno saputo fare, ma che ha avuto anche una storia precedente, piena di affetti e delusioni, di gioie e speranze, come ogni altro bambino o giovanotto.
Ho conosciuto Anna Maria Levi nella sua casa di Trastevere a Roma nel 2009. In occasione della ricerca del CDEC, Memoria della Salvezza, avevo voluto intervistare anche lei, per sapere come si fosse salvata dalla shoah. Era una donna di 88 anni, vivace, curiosa e brillante. Raccontò a me e alla mia collega Chiara Ferrarotti la sua vita movimentata, piena di interessi e anche di bizzarrie, della sua avventura (così la chiamava) come partigiana del Partito d'Azione, dei suoi amici (nomi altisonanti della Resistenza come Ada Gobetti, Bianca Guidetti Serra, Vittorio Foa, Franco Momigliano, Gigliola e Franco Venturi), della sua relazione strettissima d'affetto e di stima con suo fratello Primo, della loro infanzia spensierata, delle loro vacanze al Saccarello sulla collina di Superga con i cugini, della madre amatissima, Ester Luzzati, che lei cercò di proteggere in ogni modo, sottraendola appena in tempo alla pensione di Col de Joux dove si trovava assieme al figlio Primo e ai suoi compagni, poco prima dell' irruzione della polizia fascista. Annamaria ci mostrò decine di foto di lei, della sua famiglia, dei suoi amici di gioventù. Davanti ad ognuna si fermava per commentare, scherzare, ridere di se stessa e della sua vita un po' randagia. Di fronte alla fotografia di lei con suo fratello da bambini a Piossasco, nella casa che il nonno, dopo molte fatiche, si era comprata (vedi il racconto di Primo: Il fondaco del nonno) dice: "Non so più quale pedagogista ha detto: fortunati quei bambini che hanno avuto un giardino nella loro infanzia. Aveva ragione, io quel giardino me lo sogno ancora".

Il Fondo fotografico Anna Maria Levi di Daniela Scala


La raccolta di fotografie donate alla Fondazione CDEC da Anna Maria Levi, sorella di Primo Levi, racconta di una dimensione familiare, intima e quotidiana della vita di Anna Maria e Primo Levi, attraverso scatti fotografici nella maggior parte dei casi inediti.
Il corpus è costituito da 59 fotografie, donate al CDEC da Anna Maria Levi in due momenti distinti: un primo gruppo è stato consegnato personalmente a Liliana Picciotto nel dicembre 2009 in occasione dell'intervista per il progetto "Memoria della Salvezza"; mentre un secondo insieme di fototipi è stato donato, sempre a Liliana Picciotto, nel gennaio 2011.
Le 20 stampe fotografiche appartenenti al primo gruppo furono consegnate dalla donatrice solo in copia digitale, mentre quelle del secondo gruppo sono state donate in originale. Si tratta di 39 fototipi, per lo più stampe alla gelatina sali d'argento di piccolo formato, che documentano soprattutto l'infanzia dei fratelli Levi nella seconda metà degli anni Venti.
In alcuni casi sul verso dei supporti sono presenti brevi annotazioni manoscritte che permettono di datare e individuare il luogo dello scatto fotografico.
L'arco cronologico abbraccia un periodo che va dal 1890, data presunta del ritratto di Salvatore e Fortunata Luzzati, bisnonni materni di Primo e Anna Maria Levi, al 1993, anno del ritratto di Anna Maria Levi in Zimet Halevy, eseguito a Los Angeles.

Il fondo fotografico che è stato creato per dare unità a questo insieme di fotografie sparse - tenute insieme dalla donatrice nella tipica "scatola delle foto di famiglia" - si rivela oggi come un prezioso racconto domestico che ci permette di ricostruire la crescita di Anna Maria e Primo Levi, dall'infanzia alla fanciullezza, dalla adolescenza all'età adulta, fino ai tragici eventi che sconvolsero le loro esistenze, sottolineando peraltro lo stretto legame che li ha uniti sin dalla tenera età.
Particolarmente suggestivi per la loro immediatezza sono i ritratti infantili dei fratelli durante le vacanze al mare a Spotorno oppure i soggiorni nel fondaco del nonno a Piossasco o a Torre Pellice, fatti di giochi e di gite all'aria aperta.
Di particolare interesse inoltre sono le testimonianze fotografiche riprese nella tenuta "Il Saccarello" sulla collina di Superga vicino a Torino, dove troviamo anche Franco Tedeschi, allora fidanzato di Anna Maria, che condivise con Primo Levi l'esperienza della deportazione.
Il racconto continua con scatti che documentano la ripresa della vita familiare dopo il 1945.

L'insieme delle fotografie, in cui ritroviamo foto di gruppo, momenti di vita quotidiana, ritratti singoli, quali quelli del padre l'ingegnere Cesare Levi e della madre Ester Luzzati, è interessante proprio perché nell'unicità dei soggetti rappresentati, mostra un "comune" album di famiglia.

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