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| data | 1996 mag. 02 |
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Intervista realizzata da Liliana Picciotto nell'ambito del progetto "Interviste alla storia" (v. scheda allegata) Fausta Finzi nasce a Milano il giorno 11 giugno 1920, da Edgardo Finzi e Giulia Robiati. Il padre, funzionario di banca, in seguito alle leggi razziali si licenzia e rileva una piccola azienda chimica. La famiglia, di matrimonio misto, non è praticante, ma il padre ha una forte identità ebraica che trasmette a Fausta; il fratello, al contrario, forse anche per il fatto che entrambi vengono battezzati alla nascita, non sente particolarmente questo legame. Fausta ricorda di aver subito discriminazioni a scuola a causa delle leggi razziali; il preside si presentava a scuola in divisa fascista e prese da subito iniziative antiebraiche. Nel '38 riesce a sostenere la maturità, ma sarà molto difficile per sua madre ottenere il certificato. La famiglia di Fausta decide di non sfollare da Milano nonostante i bombardamenti (1942-19439. Nell'aprile del 1944 Fausta e il padre vengono arrestati nell'ufficio di quest'ultimo e portati a S.Vittore, dove rimangono 10 giorni per poi essere trasferiti su carri bestiame a Fossoli. Qui Fausta lavora in ambulatorio e vede partire parecchi convogli, ma rimane fiduciosa di potersi salvare insieme al padre rimanendo al campo di Fossoli. Nell'agosto '44 lei, il padre e moltissimi altri deportati vengono a loro volta caricati e tradotti a Verona: il padre sarà deportato ad Auschwitz mentre Fausta a Ravensbruck. Giunta a destinazione dopo un viaggio estenuante in condizioni disumane, viene spogliata e subisce visite di ogni genere; capisce subito che per sopravvivere dovrà essere molto combattiva e non cedere a quelle disperate condizioni di vita. Viene messa a lavorare nella fabbrica di divise delle SS e ricorda le vessazioni e le innumerevoli volte in cui viene selvaggiamente picchiata perchè non riesce a tenere dietro ai ritmi di produzione imposti a causa della fame e della conseguente debolezza. Ricorda le selezioni, la scelta delle deportate più deboli da condurre alle camere a gas, e del terrore di finire tra costoro. Il 27 aprile '45 inaspettatamente il campo viene velocemente evacuato e i deportati costretti ad estenuanti marce forzate con le SS alle calcagna e il fuoco incrociato delle artiglierie russe ed americane. Quando le SS abbandonano il campo Fausta ed un gruppo di altre 5 deportate riescono ad allontanarsi e e a superare le barriere istituite dai russi e a consegnarsi in mani americane. Fausta racconta che dopo essere state soccorse, ripresesi dalle condizioni di malnutrizione e malattie, vengono tradotte in un campo di raccolta a Lubecca e in seguito ad Amburgo. Con l'aiuto della Croce Rossa si spostano poi in Tirolo e infine a Verona. Da qui Fausta raggiungerà finalmente Milano, per ricongiungersi alla madre. Il padre non farà mai ritorno da Auschwitz.
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