Giuliana Tedeschi - Intervista a Giuliana Tedeschi

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Genereaudiointervista
Cronologia1991 mag. 16
Persone

Fiorentino Tedeschi, Giuliana

Fiorentino, Carlo

Rietti, Rina

Tedeschi, Giorgio Eugenio

Barale Annetta

De Muro Giuseppina

Levi, Eleonora

Credits

(intervistatore) Picciotto, Liliana

Abstract

L'intervista è stata registrata a Torino.

Giuliana Tedeschi Fiorentino nacque il 9 aprile 1914 da Carlo Fiorentino e Rina Rietti. Ebbe un fratello. Visse a Napoli fino al 1930, quando si con la famiglia si trasferì a Milano, dove il padre inizialmente continuò la sua attività di commerciante di pelli e successivamente divenne rappresentante farmaceutico. A Milano Giuliana frequentò le scuole superiori e si iscrisse all'università laureandosi in glottologia. Nel 1938, a causa delle leggi razziali, fu costretta ad interrompere la carriera universitaria e trovò lavoro come insegnante nelle scuole ebraiche di Milano. Nel 1939 sposò Giorgio Tedeschi, architetto, con cui ebbe due figlie: la prima nel 1940, la seconda nel 1942. Nel 1943 si trasferì col marito e le figlie a Torino. L'8 marzo 1943 fu arrestata con il marito dalle SS. ed imprigionata nelle carceri Nuove di Torino. Le figlie furono messe in salvo dalla fidata domestica Annetta Barale. Nel carcere, Giuliana fu separata dal marito e apprese da suor Giuseppina De Muro, direttrice del braccio femminile ed antifascista, che le figlie erano salve. Rimase nel carcere sino alla fine di marzo quando venne trasferita con un treno passeggeri al campo di concentramento di Fossoli di Carpi, dove si ricongiunse al marito. Qui venne raggiunta dalla suocera Eleonora Levi, arrestata pochi giorni dopo di loro. Il 5 aprile 1943 venne portata con il marito e la suocera alla stazione di Carpi e caricata su un vagone piombato di un treno diretto ad Auschwitz. Il 10 aprile 1943 il convoglio raggiunse la stazione di Auschwitz e Giuliana fu fatta scendere dal vagone ed incolonnata per la selezione. Fu separata dal marito e dalla suocera che non rivide mai più. Venne in seguito condotta a piedi all'interno del campo di Birkenau. Qui le furono tagliati i capelli e venne tatuata con il numero di matricola 74847; fu spogliata, lavata e le furono dati vestiti laceri. Trascorse il mese di quarantena compiendo sporadici servizi. Successivamente fu trasferita nel campo di lavoro ed assegnata ad una baracca vicino ai crematori. Qui scoprì la sorte riservata a coloro che non superavano le selezioni. Fu impiegata nel recupero delle parti riciclabili delle scarpe logore scartate dagli internati. Nel gennaio 1945 fu evacuata e costretta a marciare sino al campo di Ravensbruck. Da qui fu trasferita a Malchow, prima, e a Lipsia, poi. Durante una marcia presso il fiume Elba, riuscì a fuggire, sfruttando la confusione causata dai combattimenti tra i russi e i tedeschi che la sorvegliavano. Rimase nascosta in uno scantinato finchè fu trovata da soldati sovietici. Rimase sotto la loro custodia per un periodo e successivamente passò sotto la sorveglianza americana. Venne nutrita, curata e rimpatriata in treno dalle autorità americane. Il 5 settembre 1945 arrivò a Milano. Successivamente si ricongiunse con le figlie.

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