Franco Schonheit - Intervista a Franco Schonheit

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Genereaudiointervista
Cronologia1986 ott. 23
Persone

Schonheit, Franco

Schonheit, Carlo

Finzi, Gina

Dorelli, Ruggero

Bufalini Guidi, Guido

Haage, Hans

Credits

(intervistatore) Picciotto, Liliana

Abstract

Franco Schonheit, figlio unico, nacque il 27 giugno 1927 a Ferrara da Carlo Shoneit e Gina Finzi. Abitò a Ferrara in via Villatagliata, 79 sopra le scuole ebraiche della città. La notte del 15 novembre 1943 il padre venne arrestato dalla questura ferrarese insieme a tutti i capofamiglia ebrei scoperti nelle proprie abitazioni. Venne rinchiuso nelle carceri della città di via Piangipane. Poté fare visita alla propria madre ricoverata in ospedale per un'ora al giorno sfruttando l'intercessione di un cugino prete presso l'arcivescovo di Ferrara Ruggero Dorelli. Durante le visite ebbe contatti costanti con la famiglia. Nel Gennaio del 1944 il padre venne liberato con l'obbligo di non lasciare la città, pena l'arresto di tutti i familiari. Il 25 febbraio 1944 Franco venne arrestato con i genitori da un agente della questura in borghese e portato al punto di raccolta di via Mazzini all'interno dell'ex tempio ebraico. Il giorno successivo venne caricato su un autobus e portato al campo di Fossoli. Arrivata a destinazione il 26 febbraio 1944, la famiglia venne sistemata nel blocco 5-A del campo insieme ai compagni di viaggio. Dopo due giorni il maresciallo Hans Haage, vice-comandante del campo, interrogò i componenti della famiglia per verificare la discendenza ebraica: tutti vennero classificati come ebrei "misti" e, quindi, assegnati all'amministrazione del campo. Gli ebrei cosiddetti "puri" venivano, invece, deportati in Germania. Al padre venne assegnato il compito di responsabile del blocco. Il blocco era costituito da un corridoio sui cui lati vi erano le file di celle con giacigli di paglia, servizi igienici in comune e una stufa a legna. Il rancio, un bidone di zuppa, veniva portato dai prigionieri nel blocco 2 volte al giorno e veniva consumato in scodelle fornite dal campo insieme a una fetta di pane nero. Vi era la possibilità di far arrivare, pagando, altro cibo dall'esterno. A maggio del 1944 il campo venne diviso in due aree distinte ed i prigionieri assegnati all'una o all'altra in base al sesso: la famiglia venne separata e la madre divenne responsabile di un blocco femminile. Franco Schonheit fu impiegato nell'organizzazione pratica dei convogli verso la Germania. Essi avvenivano ogni 40 giorni e trasportavano circa 500 ebrei "puri" . Franco partecipò alla preparazione dei convogli del 5 aprile, 15 maggio e 20 giugno 1944: il suo compito fu di comunicare alle persone interessate le istruzioni circa la deportazione. All'inizio del luglio 1944 Guido Bufalini Guidi, Ministro degli Interni della RSI, visitò il campo con altri gerarchi fascisti e per l'occasione i prigionieri furono costretti a fingere di avere un'occupazione produttiva trasportando pietre. L'1 e il 2 agosto 1944 partirono gli ultimi trasporti ed il campo di concentramento per gli ebrei venne sgomberato. La famiglia Schonheit partì dalla stazione di Carpi con il treno del 2 agosto, destinazione Verona. Qui la famiglia venne divisa: il padre e Franco vennero destinati al campo di Buchenwald, mentre la madre a quello di Ravensbruck. Il viaggio avvenne su vagoni merce chiusi senza distribuzione di cibo. Dopo una sosta a Norimberga, dove Franco potè salutare un'ultima volta la madre, i convogli si separarono definitivamente. Il trasporto di Franco e del padre arrivò alla stazione di Buchenwald nella notte tra il 4 ed il 5 agosto. Scortati dal maresciallo Hans Haage, i prigionieri vennero condotti in una stanza e rinchiusi sino al mattino successivo quando vennero spogliati, rasati, depilati e disinfettati. Venne consegnato loro l'abbigliamento del campo: un paio di pantaloni, una giacca, una camicia ed un triangolo rosso di stoffa simbolo dei prigionieri politici dal momento che erano ebrei cosiddetti "misti di primo grado" e cioè figli di un genitore ebreo ed uno "ariano". Franco ricevette la matricola n°44826; il padre la n°44887. Vennero sistemati nel blocco di quarantena del campo, un edificio di due piani in muratura composto da 4 sottoblocchi, ognuno comprendente una sala per il pranzo con panche e tavoli, un angolo per gli armadi dei kapo e letti a triplice castello. Tra i due piani dell'edificio erano situati i lavatoi ed i servizi igienici in comune insieme ad una stufa. Dopo il bombardamento del 24 agosto 1944, che distrusse le fabbriche intorno al campo, lo stesso si trasformò in un centro di smistamento per campi minori. Franco venne impiegato prima nello spostamento delle macerie e poi nell'approvvigionamento di legna per  le stufe degli edifici. Durante questo periodo, Franco ed il padre riuscirono a mettersi in contatto con la madre tramite uno scambio epistolare clandestino. Il cibo, già scarso, cominciò a diminuire nel mese di novembre del 1944 e la violenza e gli stenti tra i prigionieri aumentarono esponenzialmente così come i decessi. Dopo la liberazione del campo da parte delle truppe americane, l'11 aprile 1945, Franco ed il padre rimasero attendendo una tradotta ufficiale che li riportasse in Italia. Il 20 giugno decisero di uscire clandestinamente dal campo e tentare il ritorno con mezzi di fortuna: in treno, autobus e a piedi arrivarono a Monaco, dove salirono su un convoglio organizzato dal governo italiano diretto a Bolzano. Da qui arrivarono a Ferrara in camion il 27 giugno 1945. La madre, dopo la liberazione di Ravensbruck da parte russa, rimase sotto custodia inglese in un ospedale di Lubecca e fece ritorno a Ferrara il 30 agosto 1945.

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