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| data | 1995 set. 13 |
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Intervista realizzata il 13 settembre 1995 a Roma, al Centro Ebraico Pittigliani, da Liliana Picciotto Fargion e Marcello Pezzetti, nell'ambito del progetto "Intervista alla storia" (vedi scheda relativa) La famiglia di Eugenio Sermoneta, nato a Roma il 4 novembre 1923, era composta dai genitori Servadio Amedeo e Giuditta Funaro, tre fratelli maschi (Pacifico, Eugenio, Sergio) e una sorella. La famiglia è economicamente agiata, il padre, come dice Eugenio, che però lo perde quando ha solo dieci anni, era un "palazzinaro ante litteram". Rimasto orfano di padre Eugenio viene mandato in collegio dove resta fino ai quattrodici anni con un rapporto tutto sommato distaccato con la religione ebraica e di simpatia, invece, con il regime fascista, che entra in crisi, al momento dell'alleanza di Mussolini con Hitler. Uscito dal Collegio, che ha frequentato con il fratello maggiore, passa alla scuola pubblica e subito dopo, con l'introduzione delle leggi razziali, a quella ebraica. Ma Eugenio è convinto che quelle leggi siano passeggere, una "stupidata", che per gli ebrei in fondo non ci sono problemi... fino a quando un coinquilino, nei giorni dell'Armistizio, lo ferisce a un braccio con un colpo di pistola mentre con un binocolo è intento a osservare quanto sta avvenendo in piazza, convinto di ammazzare un ebreo spia degli Alleati. Eugenio e il fratello vengono arrestati e portati a Fossoli come prigionieri politici, nessuno, nemmeno gli altri internati, sa che sono ebrei. Dunque Eugenio racconta il Fossoli della parte riservata ai politici, che di fatto non aveva rapporti con quella riservata agli ebrei. Un giorno viene caricato su un carro bestiame e portato a Ratibor. Quando si avvicina la disfatta tedesca, Eugenio e gli altri vengono mandati via, muniti di un foglio giallo, che successivamente smarrisce. Ma per lui è comunque stata la liberazione, il ritorno in Italia. |
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